di Matteo Marino
27 maggio 2017
Siamo stati per 27 anni su un divano a fissare una scatola per vedere se dentro vi appariva qualcosa.
E qualcosa è apparso. Molte volte. Un medico è apparso fra gli orsi, la lettera X si è impressa in un immaginario sempre più collettivo, abbiamo visto pesci che parlavano a un boss mafioso in terapia con un debole per le anatre, isole perdute piene di misteri governate da strane mitologie, amiche alle prese col suicidio di una casalinga disperata più di loro, lo humour nero e il surrealismo innestati su un côté drammatico per raccontare la quotidianità di una famiglia di becchini, ci siamo domandati chi ha ucciso Rosie Larsen, se abbiamo ucciso noi Hannah Baker, siamo stati abitanti di un paesino francese dominato da una diga, compagni di viaggio di due veri detective immersi in una natura mistica e allucinatoria, abbiamo appreso che le mattine sono fatte per il caffè e la contemplazione dallo sceriffo di una piccola comunità insidiata da una dimensione oscura — parecchie cose sono apparse in questi anni, in quella scatola, tanto per citare solo alcuni dei cult che hanno un debito, evidente o meno evidente, sempre dichiarato, con Twin Peaks, classe 1990, e che classe. 27 anni in cui l’opera di David Lynch e Mark Frost ha continuato a fare scuola e a ispirare altri autori, dopo aver cambiato definitivamente — nella percezione del pubblico, della critica e dei produttori — l’oggetto serie tv.
Mettersi a guardare la terza stagione di Twin Peaks, con così tanta storia alle spalle e aspettative altissime, è stata un’emozione davvero intensa, soprattutto per i fan della prima ora come me (all’epoca della prima messa in onda avevo 13 anni e ho un ricordo indelebile del salto che feci dalla tv che stavo guardando da troppo vicino al fondo della mia cameretta quando, in un certo specchio, si palesò un certo assassino, come ho raccontato nel primissimo post di questo sito). Cazzo, se in quella scatola (e all’epoca la tv era proprio una scatoletta) era apparso qualcosa.
In questi giorni, in diverse interviste, andavo ripetendo come un mantra che io, come molti altri lynchiani, non avrei voluto (e non mi aspettavo) un prodotto imbalsamato, un museo del fan-service, ma qualcosa di sconvolgente e nuovo. Come Fuoco cammina con me all’epoca sconvolse tutti e deluse molti, per essere rivalutato anni dopo come un capolavoro lynchiano che precorreva i tempi, provocatoriamente dicevo che ci sarebbe piaciuto essere delusi in quel modo. Stare tranquillo era l’ultima cosa che avrei voluto guardando i nuovi episodi. Senza contare che in mezzo, tra il Twin Peaks degli anni Novanta e quello del 2017, c’è tutta la carriera di Lynch, costellata di esperimenti musicali, di quadri, di capolavori come Strade Perdute, Mulholland Drive, INLAND EMPIRE… non potevamo semplicemente tornare a Twin Peaks, Quello sì sarebbe stato deludente.
Ebbene, adesso posso dirlo: non solo il nuovo Twin Peaks è inaspettato e spiazzante, ma Lynch è andato oltre le aspettative, scrivendo, filmando, e curando personalmente il sound design di qualcosa di inimmaginabile. Non sai mai cosa ti aspetta nella scena successiva. Ma non si tratta solo dell’inaspettato, bensì di un contenuto e di una forma che solo Lynch poteva immaginare e nessun altro. Per la seconda volta Lynch e Frost hanno portato in tv qualcosa che, pur contenendolo, non assomiglia a niente di quello che si era visto prima, compreso l’originale Twin Peaks.
Prima di andare a parlare di alcune scene chiave, va sottolineata una cosa. Lynch ha dichiarato più volte che si tratta di un film lungo 18 ore, tante quanti sono gli episodi. Anzi ha chiesto di non chiamarli episodi, ma Parti. Abbiamo sentito spesso dichiarazioni del genere ultimamente, soprattutto con l’affermarsi delle stagioni brevi e il binge watching. E non perché un film abbia più dignità di una serie tv. È bello che passato il tempo in cui qualcuno lo pensava. No, si tratta proprio di una questione di struttura narrativa e produttiva. Eppure, anche laddove l’unità artistica e di storytelling consente in effetti di considerare la singola stagione come un unicum (vedi True Detective o Stranger Things), le regole della serialità, pur subendo dilatazioni e alterazioni, lì vengono sostanzialmente mantenute, facendo del singolo episodio un tassello di un puzzle più grande ma anche un’unità a sé, con un inizio, uno svolgimento e una fine tutto sommato individuabili – compresi i cliffhanger finali. Forse per la prima volta, invece, l’indicazione di David Lynch va presa – come molte cose con lui, checché se ne dica – alla lettera. Guardando le Parti 1 & 2 non possiamo che sentire che ci è stata tolta una rete di sicurezza. Senza un andamento rassicurante, nonostante succedano tantissime cose in due ore, ci sentiamo come sospesi nel vuoto. E anche se fa paura, la sensazione di precipitare molto, molto lentamente non è affatto spiacevole. La storia del nuovo Twin Peaks ha un andamento assolutamente imprevedibile, tantissimi rivoli apparentemente paralleli che qua e là confluiscono (ricordatevi di questo cognome: Hastings; e di un certo suono…) ma senza alcuna fretta. Il passaggio da una scena all’altra non sembra dettato da necessità narrative facilmente intuibili, segue piuttosto logiche altre, spinge ad associazioni, lascia un senso di incompiutezza come all’inizio di un puzzle di cui non conosci l’immagine finale e cominci da dove puoi, dai margini, procedendo irregolarmente verso il centro.
Questo per dire che recensire le singole Parti di Twin Peaks 3 è un’operazione delicata, sarebbe un po’ come recensire i primi dieci minuti di Mulholland Drive o basare una critica sulle prime pennellate di un dipinto. Per questo, con l’ausilio di molte immagini tratte dalla Prima parte, cercherò di affidarmi per il momento alle sensazioni e all’istinto piuttosto che essere analitico; cercherò di condividere con voi i miei appunti ancora grezzi e porre qualche domanda anziché dare risposte, sperando che si rivelino poi le domande giuste.
È finita la zona no spoiler. Per proseguire con la recensione bisogna cliccare sul pulsante SPOILER qui sotto. In questo modo il resto dell’articolo e le sue immagini saranno visibili. Vi consiglio di farlo solo e soltanto se avete visto le prime due ore, altrimenti correte a farlo: potete ancora usufruire per pochissimi giorni della promozione a un euro per un mese pensata per i lettori di davidlynch.it con Now TV. Praticamente il prezzo di un caffè. Siete pronti? Bentornati a Twin Peaks. E non solo.
È una bella recensione ma io sospendo il mio giudizio fino all’ultima puntata nella quale spero di scoprire cose che ne giustifichino molte altre.
Per adesso il mio giudizio è che, pur essendo provocatorio ed irriverente, in alcune cose sia “troppo poco” per ripetere l’impatto dell’originale, con un po’ troppi angoli raddrizzati in modo troppo semplice per Lynch e Frost.
Rimane una serie anni luce migliore di qualsiasi cosa si sia vista in TV di recente ma per adesso mi lascia un pò l’amaro in bocca. Gli autori fanno alcune scelte molto interessanti ma poi non hanno il coraggio di andare dietro a quelle idee. Alcuni personaggi mi lasciano perplesso e la recitazione di alcuni sembra forzata. Ci sono momenti in cui i tempi sembrano dire “siamo in TV, dobbiamo perdere un po’ di tempo”, tempo che forse poteva essere usato per muovere alcuni dei personaggi più deboli.
Spero che il finale sistemi tutto.
Le faccio i complimenti per la recensione dettagliata in parole e immagini, e grazie per avere dedicato parecchio tempo, credo, alla stesura della stessa. Sono appassionato di TP da molto, quindi non sono nuovo al mondo di Lynch. Se posso dare un giudizio sommario, fino ad ora ho visto le prime 3 parti di TP 2017, credo che questa nuova serie sia ”di un altro pianeta”, ovvero spettacolare! Non ho mai visto nulla di simile nella ”scatola” tv da quando l’ho accesa per la prima volta. Fermo restando il capolavori prima e seconda stagione, ho la netta sensazione che questa nuova opera romperà di nuovo gli schemi nel modo di creare prodotti per la tv. E’ un sogno, un posto surreale, un mondo che sembra non esistere, ma ci fa calare in uno stato a volte catatonico perchè siamo presi dall’episodio con tutti i nostri sensi.. A volte è difficile descrivere tanta maestria perchè ognuno di noi vive TP con le proprie emozioni, ma non si può non ammettere che Lynch e Frost ci hanno nuovamente fatto un regalo enorme a cui dobbiamo solo dire grazie se potessimo farlo dal vivo. Arte allo stato puro.
Grazie mille, Stefano!
GRAZIE. una recensione/primaimpressione/dichiarazionedamore semplicemente perfetta.
ho avuto le stesse sensazioni, le stesse emozioni. amo la non-musica, i suoni, la costante impressione del precipizio vicinissimo, della caduta lentissima… e Margaret, poi.
bravissimo.
Grazie!
Solo a me il Cooper cattivo ricorda Ligabue? Comunque, la stanza dove si trovano all’inizio il Gigante e Dale mi sembra la catapecchia del film, dove ci sono la signora Tremond e baby-Lynch.