Trent’anni di Twin Peaks: cronistoria di un mito

di Matteo Marino
8 aprile 2020

Oggi Twin Peaks compie trent’anni. Ripercorriamo insieme le tappe di un mito tra cultura pop e serialità d’autore.

Oggi Twin Peaks compie trent’anni: tanto è passato dal primo episodio andato in onda negli Stati Uniti l’8 aprile 1990 sulla ABC. Da noi in Italia la serie creata da David Lynch e Mark Frost sarebbe approdata quasi un anno dopo,  il 9 gennaio 1991, già con il marchio di evento imperdibile. E anche qui sarebbe scoppiata la twinpeaksmania: certo non come in Giappone, dove si arrivò a celebrare un finto funerale di massa per Laura Palmer, ma fu un fenomeno pop senza precedenti e completamente trasversale, complice un battage pubblicitario martellante e ipnotico… le fronde degli alberi mosse dal vento, la musica pavloviana di Angelo Badalamenti, la promessa che Twin Peaks avrebbe avuto tutto, senza assomigliare a niente.

Per i fan nella prima ora ci sono due cose capaci di far scattare immediatamente l’effetto nostalgia: i promo con cui la storica voce di Canale 5 Mario Silvestri faceva salire l’hype alle stelle prima ancora che “hype” fosse una parola, e Tv Sorrisi e Canzoni. La guida tv più venduta in Italia edita da Berlusconi, infatti, del successo di Twin Peaks aveva fatto la sua missione – in maniera del tutto disinteressata, è ovvio. Articoli, copertine, approfondimenti, allegati… In concomitanza con l’uscita de Il diario segreto di Laura Palmer, circondato dalla fama di essere scabroso, e per di più scritto dalla figlia ventiduenne di Lynch, il magazine allegò una versione ridotta del libro (IN REGALO DA STACCARE! strillava la copertina) con le pagine non tagliate in modo da evitare sbirciatine indesiderate (del resto era una rivista per famiglie). Quanti di voi se lo ricordano? Molti, credo, ma pochi ce l’hanno ancora (i genitori tendevano a farlo sparire). Potete sfogliarlo qui. E poi c’erano le immancabili trame nella guida tv e gli utilissimi riassunti delle puntate precedenti, insomma, ogni settimana  qualcosa addolciva e allo stesso tempo alimentava l’attesa dell’episodio successivo. Fu anche indetto il concorso “Dieci assassini per Laura Palmer”, per rispondere alla domanda più famosa di tutta la tv.
Prima che ci fossero internet e gli spoiler alert (e TV Sorrisi e Canzoni era pieno di spoiler, oggi ne inorridiremmo) era questo il “tramite” tra la serie e i suoi fan al di fuori del piccolo schermo, una sorta di zona di passaggio e transizione, una “waiting room” piena di aspettative. Iniziative pubblicitarie? Senz’altro, ma capaci di un potere evocativo che levati.
Perché ne parliamo ancora oggi, a distanza di trent’anni? Perché c’è stato un prima e un dopo Twin Peaks. La serie di Lynch e Frost può essere eletta a spartiacque ideale nella produzione delle fiction televisive. Ha goduto di un’accoglienza da parte della critica e di una popolarità tali da cambiare definitivamente la percezione dei telefilm presso il grande pubblico, elevandoli da prodotti di mero intrattenimento a opere capaci di competere con il miglior cinema e la miglior letteratura. Questo non vuol dire che prima non ci siano state pietre miliari, ma Twin Peaks ha ampliato la concezione di “rappresentabile” in tv, ha sottolineato la peculiarità del racconto seriale, ibridandolo con le soap opera (non più episodi autoconclusivi, ma una storia da seguire per molto tempo, con una sua articolata mitologia), ha alzato il livello qualitativo medio e le aspettative del pubblico, e anche la fiducia negli spettatori da parte dei produttori, aprendo la strada a esperimenti e commistioni di generi i cui frutti si raccolgono ancora oggi. Senza Twin Peaks non ci sarebbero state cose ovvie da citare come X-Files, Lost e True Detective, ma anche cose meno ovvie come ER o I Soprano, possibili grazie al nuovo credito accordato da creativi e network allo spettatore, catapultato in medias res nelle corsie d’emergenza, o davanti a un disturbante antieroe di mezza età, senza una guida palese. Inoltre, Twin Peaks è conosciuta anche da chi non ne ha vista mezza puntata, è entrata a far parte dell’immaginario collettivo, ha generato gadget, libri di ricette, omaggi, epigoni, parodie, fan art; altre serie tv, videogiochi, canzoni e fumetti hanno dichiarato il loro debito di ispirazione; abbiamo desiderato il caffè di Dale Cooper, la torta di ciliegie di Norma, i vaticini della Signora Ceppo;  e BOB, un cattivo con un nome tanto qualunque, ha popolato i nostri incubi.


Per celebrare questo mito, vi propongo di ripercorrere insieme le sue tappe salienti, con un punto di vista che privilegia quello degli spettatori italiani che allora l’hanno vissuta e hanno continuato a viverla fino a oggi.
Io c’ero.
Io ero lì davanti alla tv, nonostante avessi appena tredici anni. C’ero quella fatidica prima serata su Canale Cinque, introdotta addirittura (pochi lo ricordano) da Mike Bongiorno, chiamato a “rassicurare” l’audience nazionalpopolare: Twin Peaks sarebbe stato strano, sì, sarebbe stato scioccante, sarebbe stato una novità assoluta, ma non sarebbe stato un prodotto di nicchia. Aveva anche l’imprimatur di Mike, il personaggio che Umberto Eco, in un saggio impietoso e lungimirante, aveva preso ad esempio della mediocrità dei modelli cui gli spettatori vengono costantemente blanditi a uniformarsi: più tali modelli erano mediocri, più avevano successo. Erano passati esattamente trent’anni da quel saggio che aveva fatto piangere Mike Bongiorno, e ora il presentatore per antonomasia era il nostro Virgilio, pronto a invitarci in un posto che un tempo si chiamava Paradiso e ora si chiamava Twin Peaks. Una faccenda del tutto surreale, che piacerebbe a Lynch.

8 aprile 1990

È la data in cui cambia la storia della televisione. È la data in cui si incide nella pietra la tagline assassina «Chi ha ucciso Laura Palmer?». Sembra addirittura che Gorbaciov lo abbia chiesto per telefono a Bush, Bush per potergli rispondere chiamò Aaron Spelling (il potentissimo produttore di Beverly Hills 90210), Spelling lo domandò a Jules Haimovitz, presidente della Spelling Entertainment che produceva la serie, e Haimovitz a Lynch. Che non rispose.

19 aprile 1990

Va in onda l’episodio con l’inaspettata Red Room. Le tende rosse, il pavimento a zigzag e il Nano che parla al contrario diventano immediatamente parte del sogno condiviso del pubblico, e mettono in chiaro che se i primi episodi erano anticonvenzionali, quello non era ancora niente: ora si cominciava a ballare sul serio. Let’s rock!

Due curiosità: quello che viene presentato come il sogno di Cooper nella terza puntata in realtà Lynch l’aveva ideato e girato perché obbligato, per contratto, a dare un finale alternativo all’episodio pilota, in modo da distribuirlo in Europa come lungometraggio a sé stante se la serie non fosse stata acquistata. Quella che all’inizio era solo una seccatura, si rivelò una fucina di idee per la serie. Seconda curiosità: l’iconico pavimento a zigzag (che proviene direttamente dall’Orfeo di Jean Cocteau del 1950) non è mai stato bianco e nero, come molti ricordano e come si vede in parecchia fan art e oggettistica legata alla serie, bensì color avana e terra di Siena bruciata. È un duro colpo, lo so. Un effetto Mandela, vale a dire quella condizione collettiva per cui ci si ricorda di qualcosa in maniera diversa da com’è in realtà. Un falso ricordo, come la convinzione che Nelson Mandela sia morto negli anni Ottanta in una prigione in Sudafrica, invece che nel 2013, o che il pavimento di Twin Peaks sia… capito, no?

9 gennaio 1991

Spostiamoci in Italia. Mentre negli Stati Uniti era da poco andato in onda l’episodio della seconda stagione in cui si rivelava l’identità dell’assassino (esponendoci a un rischio spoiler tutto sommato moderato, non elevato come sarebbe stato in epoca di social network – tuttavia qualcuno con conoscenti americani amava bullarsi di sapere), Twin Peaks arriva da noi, ribattezzata I segreti di Twin Peaks, con la sua aura di mistero praticamente intatta, e preceduta dalla fama del suo regista, l’autore di opere bizzarre e autoriali come The Elephant Man, Dune e Velluto blu. Dal 10 gennaio, tutti ne avrebbero parlato. Ma proprio tutti. Mi ricordo che, il giorno dopo la messa in onda di ogni episodio, a scuola non si parlava d’altro (ero in terza media all’epoca). La prima ora del giovedì era bruciata. La prima ora del giovedì era dedicata allo scambio di commenti e ipotesi sugli eventi che stavano accadendo in una cittadina immaginaria del nord-ovest degli Stati Uniti. Ricordo che feci addirittura un quaderno dove annotare tutte le nostre teorie e i ritagli. Il mio primo vero libro sulle serie tv cult (andato perduto in chissà quale trasloco). Non c’erano facebook, twitter, instagram. Si discuteva faccia a faccia. E lo stesso avveniva nei posti di lavoro, negli uffici e nei bar, magari davanti a un caffè dannatamente buono (inorridendo con superbia provinciale per quello americano mitizzato nella serie).

3 aprile 1991

Anche in Italia viene trasmesso l’episodio cruciale: prima ancora della polizia, prima ancora dell’agente speciale Dale Cooper, e per sua sfortuna insieme a una nuova vittima, scopriamo finalmente chi ha ucciso Laura Palmer. Molti ricorderanno l’attesa costruita ad arte, un disco che gira a vuoto sul piatto del giradischi, una mamma che striscia sul pavimento e ha la visione di un cavallo bianco nel salotto di casa prima di perdere i sensi, un gigante su un palcoscenico ad annunciare che sta per succedere di nuovo, e l’assassino che si guarda allo specchio.

Succede qualcosa, in quello specchio, come in uno schermo dentro lo schermo, e quando succede io, solo e al buio nella mia cameretta, faccio un comico salto all’indietro di due metri che me lo ricordo ancora adesso. Prima che succedesse, senza neanche accorgermene, minuto dopo minuto, ero stato progressivamente attirato verso il monitor come da una calamita, e nel momento del colpo di scena stavo guardando la tv da troppo, troppo vicino. Ero scivolato dentro un altro mondo. E non ero l’unico.

Maggio 1991

Nel corso dell’8ª edizione del Gran Premio Internazionale dello Spettacolo condotta da Corrado e da Raffaella Carrà, il Telegatto come miglior telefilm straniero va a I segreti di Twin Peaks. Ritirano il premio Sheryl Lee (Laura Palmer) e Michael Ontkean (lo sceriffo Truman). Consegna il premio… Monica Bellucci.

11 giugno 1991

A un solo giorno di distanza dalla messa in onda negli Stati Uniti, vediamo anche noi l’ultima puntata della seconda stagione di Twin Peaks. Sarebbe stata anche l’ultima in assoluto per la ABC. Dopo il grandissimo successo planetario, gli ascolti erano precipitati alla risoluzione del caso a metà seconda stagione (prematura, secondo Lynch, che cedette alle pressioni del network e del pubblico) e una sequela di puntate piuttosto implausibili e senza un focus preciso aveva dato l’impressione di uno show alla deriva, con uno dei suoi capitani non più al comando (in effetti Lynch si era dato, impegnato a girare Cuore selvaggio). L’albero che teneva insieme tutti i rami della vicenda e ne costituiva il nucleo drammatico ed emotivo era stato abbattuto e il pubblico aveva perso interesse. La serie finì per saltare lo squalo, anzi il furetto.
Anche se la speranza di una terza stagione ormai era naufragata, il ritorno in extremis di Lynch alla regia del finale cambia tutto, almeno per gli spettatori che erano rimasti fedeli. Praticamente Lynch butta la sceneggiatura già scritta (si trova in rete) e riscrive o improvvisa quasi ogni scena. Il risultato è un capolavoro d’astrazione, un’accelerazione vertiginosamente surreale verso il futuro che deve però tanto anche al passato (su tutti, l’inseguimento di Cooper da parte del suo doppelgänger si ispira a una sequenza di Operazione paura di Mario Bava, del 1966), e si conclude con il cliffhanger più lungo della storia della televisione. Come sta Annie?

16 maggio 1992

Quando esce il film Twin Peaks: Fire Walk with Me è troppo tardi. Chi si aspetta un sequel, rimane deluso, perché il film si concentra sugli ultimi giorni di vita di Laura Palmer. Chi si aspetta le atmosfere di Twin Peaks rimane deluso, perché per rientrare nella durata standard imposta, Lynch rinuncia a moltissime scene di alleggerimento e personaggi secondari, rendendo il film più cupo e claustrofobico. Chi pensa che Lynch sia un bluff, esulta: le parti surreali non trovano alcuna spiegazione, i segreti di Twin Peaks rimangono tali, anzi si ingarbugliano ancora di più, e si accusa il regista di rifugiarsi nel nonsense. Si infierisce sulla caduta di chi appena un anno prima aveva osato toccare la vetta ed era apparso in copertina sul “Times”. Il film viene accolto con aperta ostilità sia dalla critica sia dal pubblico, e fa flop al botteghino (in Italia esce l’anno dopo, il 5 febbraio 1993, senza Twin Peaks nel titolo e nell’indifferenza generale). Lynch, che avrebbe voluto fare altri due film per proseguire la storia interrotta nella serie tv, torna nella nicchia di autore scomodo, geniale ma non per tutti. Col tempo, Fuoco cammina con me viene largamente rivalutato, fino a essere considerato una colonna portante dell’universo twinpeaksiano (dove, lo veniamo a sapere proprio da questo film, e dalla bocca di David Bowie, non si parla di Judy, mi raccomando) e uno dei migliori film di Lynch. Il regista di Missoula, dopo la delusione, ci metterà molto a tornare alla regia, con lungometraggi dalle alterne fortune ma qualità sempre crescente (Strade perdute, Una storia vera, Mulholland Drive, INLAND EMPIRE), opere che lo fanno definitivamente diventare un aggettivo che era già sulla bocca di molti: lynchiano.

12 ottobre 2001

Mulholland Drive doveva essere il ritorno in grande stile di Lynch alla serialità televisiva, ma si era rivelato un’altra batosta: non si andò più in là del pilot. Rifiutato dalla ABC ma adottato dai francesi, fu trasformato in un lungometraggio grazie a un finale girato da Lynch ex novo, e finì per essere eletto, da 177 critici interpellati dalla BBC, il miglior film del XXI secolo. Ma questa è un’altra storia, che ho raccontato nel dettaglio nel libro I segreti di David Lynch. Qui ci preme ricordare una leggenda che è circolata per anni tra i fan, con tanto di fermo immagine e comparazione dei volti, e cioè che tra il pubblico del Club Silencio di Mulholland Drive Lynch aveva ripreso anche Laura Palmer e la vittima scampata Ronette Pulaski (rispettivamente, Sheryl Lee e Phoebe Augustine), teoria fermamente smentita da tutti i diretti interessati, ma non è con i fatti che si mette a tacere un mito.

Era solo l’ennesima prova che Twin Peaks non aveva mai smesso di essere ricordata e celebrata (famoso il festival annuale di Snoqualmie, cittadina dove erano stati girati molti esterni del pilot), e la sua fiamma si era riaccesa con l’avvento di internet e dei social network: su siti, forum, pagine e gruppi i fan continuavano ad omaggiarla e a sperare, contro ogni probabilità, in un suo ritorno.

20 luglio 2014

Da otto anni Lynch non fa film. Si dedica al suo sito. Ha girato corti, videoclip, pubblicità, ha animato e doppiato cartoni in Flash, ci ha messo al corrente giorno dopo giorno delle condizioni meteorologiche di Los Angeles, ha venduto caffè, si è speso per la Meditazione Trascendentale, ha scritto canzoni, alcune cantandole pure, ha dipinto, fotografato, ma niente film. In realtà nel 2010 ha scritto una sceneggiatura intitolata Antelope Don’t Run No More. Le uniche cose che sappiamo di Antelope ce le ha dette Kristine McKenna nel libro Lo spazio dei sogni: ambientato a Los Angeles, Antelope Don’t Run No More «intreccia temi alla Mulholland Drive e INLAND EMPIRE in una fantasia narrativa in cui appaiono extraterrestri, animali parlanti e Pinky, un musicista in difficoltà. Tutti quelli che l’hanno letta la considerano in assoluto una delle migliori sceneggiature di Lynch». Ma nessuno ha il coraggio di finanziarla. Del resto, su sua stessa ammissione, INLAND EMPIRE non ha guadagnato un soldo.
Su Repubblica appare un’intervista in cui il regista smentisce una crisi di creatività, anzi: «Le idee non mancano. Ma l’industria del cinema è molto cambiata. Oggi il cinema alternativo è sempre più nell’angolo, schiacciato dai blockbuster». «Sta per caso meditando una nuova serie?». «Ci sto pensando. Le tv a pagamento, almeno in USA, sono oggi in grado di attrarre l’ex pubblico d’art et d’essai. Permettono anche quel che al cinema non è più possibile: sviluppare una storia nella sua interezza».

29 luglio 2014

Esce in tutto il mondo, Italia compresa, un cofanetto di Twin Peaks in Blu-ray completo del film prequel Fuoco cammina con me, completamente restaurato in HD. Nei siti internazionali dedicati a Lynch era stato inserito un vero e proprio conto alla rovescia in vista dell’evento. L’entusiasmo era dovuto soprattutto al fatto che, tra i contenuti speciali, per la prima volta sarebbero stati visibili i quasi novanta minuti di scene tagliate e inedite, recuperate e montate autonomamente con il titolo Twin Peaks: The Missing Pieces. Da anni i fan desideravano vederli, ma non era stato possibile per un problema di diritti. Ora i diritti erano tornati a casa. E c’era “fame” di Lynch.

Il cofanetto esce. Il packaging è bellissimo, un oggetto da collezione, una macchina di ricordi. E in fondo c’è una sorpresa: un pezzetto di carta strappato con su scritto “Fire walk with me”, come quello ritrovato sulla scena del crimine. È un grande successo. I Missing Pieces vengono sviscerati dagli appassionati e beneficiano di una première mondiale di cui parlano tutti i giornali. Il titolo del cofanetto, The Entire Mystery, è decisamente prematuro, ma ancora non potevamo saperlo.

28 settembre 2014

Lucca. Lynch è in Italia. È l’ospite d’onore del decimo Lucca Film Festival, presieduto da Nicola Borrelli, che insieme ai suoi collaboratori ha fatto il colpaccio: una tre giorni con conferenza stampa, incontro sulla Meditazione Trascendentale, concerto, lezione di cinema tenuta da Lynch stesso. Lynch è una rockstar e l’affluenza supera di gran lunga le stime. Faccio del mio meglio per documentare quanto più possibile l’evento su un sito che ho aperto da poco ma che volevo fare da tanto, davidlynch.it. E poi, l’ultima sera, c’è la proiezione di Mulholland Drive al Cinema Moderno, con conferimento del premio alla carriera.
Roy Menarini, che conduce l’evento della premiazione, dal palco è nella posizione di insistere e fare la domanda che nessuno aveva ancora osato fare: «Arriverà un proseguimento di Twin Peaks?». Mormorio e poi fiato sospeso in sala. David Lynch risponde. A modo suo, ma risponde: «Questa è una domanda trabocchetto… (risate) Ho sempre detto che mi piacciono le storie che continuano, innamorarsi di un mondo e poterci andare sempre più in profondità. Quindi c’è sempre una possibilità… Aspettate e vedrete!».
Quell’ultima frase, «And you just have to wait and see!», soverchiata dall’applauso, non viene tradotta dall’interprete, ma ho l’impressione che solo mezza sala l’abbia colta davvero. Corro in albergo a scrivere una notizia su quella dichiarazione, una notizia prudente ma entusiasta. Non volevo dare false speranze: con gli anni Lynch era arrivato a dire che il progetto di un sequel di Twin Peaks era da considerarsi ormai morto e sepolto. Cos’era cambiato? Per fortuna avevo ripreso tutto. La qualità del video non era granché ma, ehi, si sentiva bene. E fece il giro del mondo.

Tuttavia, mi sembrava troppo bello per essere vero. Finché…

3 ottobre 2014

L’hype esplode. I tweet gemelli di Lynch e Frost («La gomma che ti piaceva tanto è tornata di moda in questi giorni»), postati alla stessa ora (l’ora di ingresso di Dale Cooper a Twin Peaks!), portano l’entusiasmo internettiano alle stelle.

Il messaggio è diretto allo zoccolo duro dei fan storici capaci di riconoscere la citazione e di diffondere efficacemente il messaggio, ma nutriamo ancora qualche dubbio (come biasimarci?). Sta davvero succedendo di nuovo dopo così tanti anni?

6 ottobre 2014

È ufficiale: David Lynch e Mark Frost annunciano un nuovo Twin Peaks ambientato venticinque anni dopo le prime due stagioni e trasmesso su Showtime, una sussidiaria della CBS. Lynch e Frost, creatori e produttori esecutivi, scriveranno tutti e nove gli episodi, e Lynch dirigerà ogni singola puntata. «Ci rivedremo tra venticinque anni», aveva detto Laura Palmer all’agente Cooper nell’ultimo episodio della seconda stagione. Chissà che cosa aveva in mente Lynch all’epoca con quella frase. Di certo non poteva prevedere che avrebbe dovuto (e noi con lui) prenderla alla lettera.

12 gennaio 2015

Della nuova stagione si sa ancora molto poco. Viene solo ufficializzato il nome di un fondamentale membro del cast, una conferma di quanto l’attore scriveva su twitter lo stesso 6 ottobre dell’anno precedente: «Meglio accendere quella caffettiera e trovare il mio completo nero…». Kyle MacLachlan sarà di nuovo l’agente speciale Dale Cooper.

13 marzo 2015

All’inaugurazione della mostra Between Two Worlds a Brisbane, in Australia, alla domanda se Twin Peaks stesse definitivamente accadendo, Lynch risponde: «Non so. Ci sono complicazioni». Una doccia fredda. Un fulmine a ciel sereno. Il rapporto travagliato tra Lynch e la tv non è affatto archiviato.

5 aprile 2015

È Pasqua. Giorno di coniglietti e di sorprese. Per i fan di Lynch ne è in arrivo una davvero brutta. Su facebook Kimmy Robertson, l’adorabile Lucy Moran di Twin Peaks, si lascia andare a uno sfogo: «Cara Showtime… spero tu sia felice. P.S. Fai davvero davvero schifo». Il post fa il giro del web. Sappiamo che cosa significhi, ma non ci vogliamo credere. Quando mi arriva la notifica sullo smartphone, sono a una festa, sorrido amabilmente ma dentro di me mi sento come Donna che piange in classe nel pilot.
Poco dopo è Lynch stesso a chiarire come stiano le cose. Okay, sto effettivamente piangendo come Donna in classe nel pilot. «Cari amici di twitter, Showtime non ha staccato la spina a Twin Peaks. Dopo un anno e quattro mesi di trattative ho lasciato perché non sono stati stanziati abbastanza fondi per realizzare lo script nel modo in cui sentivo che dovesse essere realizzato. Questo fine settimana ho cominciato a chiamare gli attori per informarli che non sarei stato io a dirigere la serie. Twin Peaks potrebbe essere ancora molto viva a Showtime. Amo il mondo di Twin Peaks e ho sperato che le cose andassero diversamente».

7 aprile 2015

Dopo l’abbandono del progetto da parte di Lynch, i fan hanno cominciato a tempestare la Showtime di proteste e a firmare petizioni online. Anche gli attori della serie originale cercano di spiegare quanto sarebbe assurdo Twin Peaks senza David Lynch, e lo fanno con un emozionante video diventato virale (guest star d’eccezione, la figlia di Lynch, Jennifer).

Insomma, c’è una gigantesca solidarietà dietro le quinte e una grande mobilitazione su più fronti. Per l’occasione viene aperta una pagina facebook del cast riunito. La distanza tra gli attori di Twin Peaks e i fan, che si trovano a interagire con loro direttamente sui social, non è mai stata tanto breve. Una passione e un intento comune li radunano virtualmente in un unico posto e con un solo obiettivo: indurre Showtime a riportare Lynch sul progetto. Il canale si affretta ad assicurare che sta lavorando duramente per sistemare le cose. La speranza si riaccende.

13 aprile 2015

È passata una settimana e non sappiamo se le trattative siano ancora in corso. Mentre da una parte tutto tace, dall’altra i fan continuano a tartassare Showtime e partecipano a svariate campagne social contrassegnate con l’hashtag #SaveTwinPeaks.

15 maggio 2015

Anche noi italiani non siamo stati con le mani in mano. Tramite davidlynch.it facciamo partire una campagna chiamata #SaveTwinPeaks NO ONE ELSE in cui i fan si sono ritratti davanti alla tv, bloccata sulla schermata con la scritta DIRECTED BY DAVID LYNCH tratta da una delle puntate di Twin Peaks, con in mano un cartello con le parole NO ONE ELSE.

Con la collaborazione di altre pagine e grazie all’entusiasmo dei fan, l’iniziativa non passa inosservata oltreoceano. Una commossa Kimmy Robertson (Lucy Moran) condivide il video sul proprio account fb e scrive: «Quella che avete fatto è una cosa bellissima. Sto cercando i tasti tra le lacrime che mi stanno sgorgando dagli occhi in questo momento. Sto avendo una sorta di scioglimento. È frustrazione. È personale. È amore. Perché loro non riescono a vedere tutto questo amore e a fare in modo che accada di nuovo? Oh Dio, devo anche fare piano perché ho ospiti in casa. Uno scioglimento silenzioso per me. Grazie, grazie, grazie. Fatelo succedere. Con amore, Kimmy».

16 maggio 2015

Succede.

L’amministratore delegato della Showtime David Nevins annuncia: «Questa tazza di caffè dannatamente buono da parte di Mark e David è più deliziosa che mai. Vale tutto il tempo di infusione in più e la tazza è più grande di quanto ci aspettassimo. David dirigerà tutto… e saranno più delle nove ore originariamente annunciate. La preproduzione comincia ora!». Lynch ha l’ultima parola su tutto, compresa la durata, per contratto. Ha totale libertà creativa.

24 maggio 2015

Ospiti al Crypticon Seattle, festival dedicato ai fan del macabro, Sheryl Lee (Laura Palmer) e Sherilyn Fenn (Audrey Horne) si lasciano sfuggire che saranno addirittura diciotto anziché nove i nuovi episodi di Twin Peaks. Il Twede’s è in fase di ristrutturazione per tornare a essere il Double R.

20 gennaio 2016

David Lynch compie settant’anni. È a metà delle riprese di Twin Peaks – Il ritorno.

25 aprile 2016

Hanno mantenuto il mistero in tutti questi mesi. Ora è ufficiale. Un pezzo del puzzle viene rivelato. Un comunicato ufficiale diffonde i 217 nomi del cast. Grandi ritorni: Kyle MacLachlan, Miguel Ferrer, Sheryl Lee, Mädchen Amick, Sherilyn Fenn, Grace Zabrieskie e tanti altri nomi storici, tra cui spicca, inaspettatamente, quello di Catherine E. Coulson (La Signora Ceppo), scomparsa a settembre, pochissimi giorni dopo l’inizio delle riprese. Tra i nuovi membri trovano conferma alcune delle voci più elettrizzanti circolate nei mesi precedenti (Laura Dern, Naomi Watts), e ci sono molte sorprese (per esempio Tim Roth, Jim Belushi e… Monica Bellucci!).

21 maggio 2017

C’è voluto un po’ più del previsto, ma il giorno è arrivato. La notte tra il 21 e il 22 maggio, in contemporanea mondiale, avremmo potuto finalmente vedere, seduti sul nostro divano o con il naso attaccato allo schermo, Laura Palmer e Dale Cooper riuniti insieme nella stessa stanza con le tende rosse. Non sapevamo ancora che gli avrebbe detto: «Sono morta. Tuttavia vivo».

A dire il vero, chi in Italia si è svegliato presto quella domenica di maggio ha potuto assistere alla doppia puntata “in anteprima” su Sky e NowTv, prima che qualcuno dei responsabili si accorgesse dell’errore di programmazione e la togliesse.
L’avevamo vista realmente? O stavamo ancora sognando, suggestionati da tante aspettative? No, era successo davvero. Stava succedendo di nuovo. L’universo ci aveva dato, ancora una volta, alla sua maniera, il benvenuto a Twin Peaks.

25 giugno 2017

Una sonnacchiosa domenica estiva. Peter Deming, già direttore della fotografia di Strade Perdute e di Mulholland Drive, e ora di Twin Peaks – Il ritorno, ha pubblicato sul suo instagram queste parole, a poche ore dalla diffusione della nuova puntata: «Parte 8: come nessun’altra». Della serie: come ti porto l’hype a livelli inverosimili. A volte può essere controproducente: aspettative troppo alte possono causare delusioni cocenti.  Ma Peter Deming non ci aveva trollato: il giorno dopo #twinpeaks sarebbe stato trending topic mondiale su twitter. Ne avrebbero parlato e scritto tutti. Con un’esplosione cosmogonica Twin Peaks aveva cambiato la storia della televisione. Ancora una volta.

3 settembre 2017

Con un doppio episodio, Twin Peaks – Il ritorno finisce. Svelati tutti i segreti di Twin Peaks? Macché. Proprio no. Neanche per idea. Amplificati, semmai. Sovrimpressi. Cambiati di segno. Come ho scritto ne I segreti di David Lynch (da cui sono tratte alcune delle curiosità che ho riportato in questa cronistoria, e dove espongo la mia interpretazione della Parte 8 e del finale, collegandola tra le altre cose all’Advaita Vedanta, il sostrato filosofico più vicino a Lynch perché alla base della Meditazione Trascendentale), la tagline più famosa della storia della tv, “Chi ha ucciso Laura Palmer?”, che è una classicissima domanda da whodunit, da giallo a enigma, con la terza stagione è scomparsa lasciando il campo a quesiti  filosofici ed esistenziali: chi sono io? chi è Judy? Il Male alberga dentro di noi o è una forza esterna e apparentemente indistruttibile? Chi è il sognatore? Sono gialli dell’anima, nostos metanarrativi, mitologie retroattive, storielle zen post-pulp, neo-noir cosmogonici. Va a finire che la Signora Ceppo è quella che ci aveva visto più lungo di tutti. E a noi non resta che ringraziarla e augurarle commossi: «Buonanotte, Margaret».

Mentre una parte del pubblico si è dichiarata delusa dalla terza stagione, soprattutto perché l’atmosfera era cambiata, lo storytelling dilatato, la mitologia complicata e le risposte non arrivavano come sperato (come molti erano stati delusi da Fuoco cammina con me), un’altra fetta ha gridato al capolavoro, alla summa lynchiana, a qualcosa che è andato oltre tutte le più rosee aspettative, evitando le trappole della minestra riscaldata e il museo del fan-service. Certo, l’impatto sull’immaginario collettivo non ha ripetuto l’exploit degli anni Novanta, a livello di numeri, ma per Showtime è stato un successo, e l’apprezzamento praticamente unanime della critica (che non era stata tenera con Fuoco cammina con me) e quello dei fan del regista già abituati alla sua evoluzione dagli anni Novanta a oggi (grazie ai pochi ma significativi film che ha girato da allora) si sono fatti sentire. Eravamo grati.

5 dicembre 2017

La rivista italiana «Film TV» pubblica il suo annuario, comprendente sia film sia serie. Trentasei critici propongono la loro top ten. Il più votato è Twin Peaks – Il ritorno.

«Rolling Stone» pubblica la sua lista dei 20 Best TV Shows of 2017. Al numero uno si legge: «Niente come Twin Peaks – Il ritorno è mai successo prima e mai succederà di nuovo».

6 dicembre 2017

Per il Washington Post quella di Frost e Lynch è al primo posto tra le serie dell’anno.

«Cahiers du Cinéma», la storica rivista cinematografica fondata nel 1951 da André Bazin, pubblica la sua celebre Top 10. Senza mezzi termini, per i francesi Twin Peaks – Il ritorno è il film dell’anno. Lynch ha sempre ripetuto che lui lo considerava un film di diciotto ore. Beh, gli hanno dato ascolto.

6 dicembre 2019

I «Cahiers du Cinéma» pubblicano la loro top ten dei migliori film del decennio. Indovinate chi è al primo posto.

22 gennaio 2020

Esce anche sul mercato italiano il nuovo box-set Blu-ray da collezione a tiratura limitata Twin Peaks: From Z to A, con tutto quello che è uscito finora di Twin Peaks (compreso Fuoco cammina con me e i Missing Pieces), e molti extra inediti. Ricominciano gli omaggi e i rewatch, personali e collettivi (noi ne stiamo facendo uno nel gruppo Twin Peaks – Italia, ogni sera un episodio da commentare live, siete tutti invitati – e alle 20.30 di questa sera, ora italiana, Kyle MacLachlan ha annunciato un live tweeting dell’episodio pilota). E ogni volta che rivediamo la serie (e rivederla dopo la terza stagione è un’esperienza meravigliosa, il campo si è come allargato), arriviamo a provare di nuovo gli estremi del dolore assurdo di una ragazzina stuprata e uccisa e il semplice ed epico piacere di una torta di ciliegie fatta in paradiso.

Dalla Z alla A. Ma  è davvero finita? Ricordiamo che anche il precedente cofanetto aveva un titolo che sembrava definitivo: “The Entire Mystery”. E invece…
Tra i fan, alcuni si ritengono pienamente soddisfatti del finale di stagione come finale di serie, altri invece vorrebbero continuare a seguire le vicende di Carrie e Richard (se questi nomi non vi dicono niente, tranquilli, ma il consiglio è: recuperate Twin Peaks – Il ritorno), sempre che Lynch abbia voglia di farlo.
Intanto si rincorrono voci – assolutamente non confermate – di “qualcosa” che ha a che fare con Twin Peaks che dovrebbe manifestarsi nell’anno del suo trentennale, mentre secondo altri Lynch starebbe pensando a una nuova miniserie autonoma per Netflix con Naomi Watts e Laura Dern. Ripeto, sono poco più che illazioni. E ora con la situazione che stiamo vivendo è tutto piuttosto fermo. Ma come al solito i fatti non smentiscono i miti. Perché in fondo la speranza è sempre la stessa, trent’anni fa come oggi: che, in un modo o nell’altro, succeda ancora.

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